da admin | 12 Mag 2021 | Blog, Comunicati, Glocal
Il futuro politico di Benjamin Netanyahu e del suo governo d’estrema destra nello stato d’Israele appariva buio nel periodo precedente alla spirale di violenza delle ultime settimane: reduce dalle quarte elezioni in due anni e ufficialmente incriminato per corruzione, frode e abuso di ufficio, alle elezioni del marzo 2021 ottiene 52 seggi, non sufficienti per garantirgli una maggioranza all’interno della Knesset.
Alla scadenza del tempo previsto per tentare di raggiungere la maggioranza, il Presidente Rivlin ha dunque affidato il mandato di formare il governo a Yair Lapid.
Non viene difficile immaginare che l’estrema destra sionista avesse bisogno non solo di distogliere l’attenzione dalla profonda crisi politica e sociale israeliana, ma anche di alimentare la paura per confermare l’assoluta necessità di mantenere quella linea di “difesa dal terrorismo” che da anni Israele utilizza per narrare e giustificare la propria condotta rispetto alla questione Medio Orientale.
Quello che sappiamo per certo è che la zona di Gerusalemme Est, parte del territorio palestinese occupato, in cui a governare dovrebbero essere le leggi del diritto umanitario internazionale, è divenuta nelle ultime settimane un teatro dell’orrore: dall’ingresso delle forze armate nella moschea di Al Aqsa all’inizio del Ramadan, fino ad assalti, incursioni e infine deportazioni di intere famiglie palestinesi dalle loro case di Sheikh Jarrah.
Venerdì 7 maggio l’Onu ha esortato Israele a revocare gli sfratti in corso a Gerusalemme Est avvertendo che “le sue azioni potrebbero equivalere a crimini di guerra” e da più voci è stata denunciata la scandalosa gravità del tentativo di imporre una supremazia all’insegna della discriminazione religiosa nella Città Santa.
A seguito degli scontri innescati da questi episodi, oltre 300 palestinesi sono rimasti feriti, di cui circa 200 sono finiti in ospedale. Le forze dell’ordine israeliane hanno riportato invece una ventina di feriti, di cui 3 trasferiti in ospedale.
Tra i feriti palestinesi l’Unicef segnala anche diversi minorenni, come possiamo leggere. “Negli ultimi due giorni, 29 bambini palestinesi sono stati feriti a Gerusalemme Est. Otto minorenni palestinesi sono stati arrestati. Tra i feriti, anche un bambino di un anno. L’Unicef ha ricevuto rapporti secondo cui alle ambulanze è stato impedito di arrivare sul posto per assistere ed evacuare i feriti e che una clinica in loco è stata colpita e perquisita”, hanno dichiarato Ted Chaiban, direttore regionale dell’Unicef per il Medioriente e il Nord Africa, e Lucia Elmi, rappresentante speciale dell’agenzia in Palestina.
Oggi, Israele definisce come operazione di difesa in risposta ai razzi lanciati da Hamas al governo della Striscia di Gaza, i bombardamenti a tappeto che stanno ferendo e uccidendo i civili della Striscia in maniera indiscriminata e che si vorrebbero raccontare come “mirati” a specifiche “fazioni terroristiche” in cui, evidentemente, devono essere coinvolti anche alcuni bambini delle scuole elementari.
La questione Medio Orientale è sicuramente materia complessa e le ingiustizie verso un popolo che resiste sono meno immediate nella ricezione pubblica rispetto a quelle commesse a fronte di una completa passività.
Ai media internazionali dovrebbero essere delegato in casi come questo il compito di analisi realistiche e oneste intellettualmente, che siano in grado di rendere chiaro e pubblico quello che, superati superficialità e un generico spirito di antiterrorismo, appare completamente evidente.
Le parole giuste per farlo, esisterebbero.
Uno stato all’interno del quale un’etnia subisce politiche di segregazione e persecuzione, si chiama apartheid.
Uno scontro in cui le forze sono divise tra chi sta portando avanti una delle campagne vaccinali di maggior successo del mondo a fronte della pandemia e chi deve invece fronteggiarla subendo un embargo che coinvolge anche l’ingresso del materiale sanitario e ospedaliero affidandosi esclusivamente ad aiuti umanitari internazionali, non è una guerra né un conflitto.
Uno stato che mina sistematicamente la libertà di un culto religioso, non è uno stato laico che fronteggia dei pericolosi fanatismi.
Uno stato che viola costantemente e sistematicamente le norme del diritto umanitario internazionale, non può essere considerato democratico.
Una striscia di terra in cui vivono segregate 2 milioni di persone tra le più povere del mondo, sulle quali si esercitano attacchi attraverso sofisticatissimi mezzi tecnologici militari, è una prigione in cui i detenuti sono rinchiusi senza alcun criterio di colpevolezza e in cui è sdoganato l’utilizzo della tortura.
Reagire a tutto questo è legittima resistenza.
Per continuare a ricordarlo a gran voce questo sabato, il 15 Maggio (giorno in cui ricorre la commemorazione della Nakba) ci vedremo a Piazza dell’Esquilino dalle 16:00 alle 19:00, in contemporanea a numerose altre piazze in Italia.
Per chi volesse unirsi da Roma Sud, ci sarà anche un appuntamento alle 15:30 a Metro Garbatella.
Se volete rimanere costantemente aggiornati sulla situazione in Palestina, consigliamo le pagine social del GazaFreestyle Festival, Facebook e Instagram.
Palestina Libera!
da admin | 16 Mar 2018
Nell’ambito della settimana contro l’apartheid, promossa annualmente dal movimento a guida palestinese per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS Italia) contro le politiche colonialiste israeliane, in concomitanza con il 15esimo anniversario dell’assassinio di Davide Dax a Milano, dedichiamo la serata del 16 Marzo a Rachel Corrie, attivista americana uccisa a Rafah nel 2003: indentico giorno, identico anno, fascismi diversi.
Nel 2017, grazie all’esperienza editoriale di Elementi Kairos e del progetto Be Filmaker a Gaza, due favole per bambine e bambini sono state prodotte per sostenere e sensibilizzare i percorsi di lotta e di solidarietà con il popolo palestinese.
Dal coinvolgimento delle giovani generazioni, cui queste realizzazioni sono indirizzate, parte la nostra dedica, anno dopo anno sempre più sensibile e capace di intercettare nuove relazioni e sogni condivisi, che contrastino l’avanzata di vecchi e nuovi fascismi, sostenendo le resistenze, come quella di Ahed Tamimi, giovanissima attivista della Cisgiordania, la cui scarcerazione stiamo aspettando con rabbia crescente.
Programma
• Ore 17
– Appuntamento pubblico davanti alla targa di Rachel
(via delle Sette Chiese)
interventi, cura della targa, sistemazione dell’aiuola, laboratorio artistico per bambini e bambine.
•Ore 18.30
CSOA La Strada ( via Francesco Passino 24)
Merenda palestinese
Presentazione, Lettura e laboratorio delle favole resistenti
“Nella bolla di sapone” e “Il mio nome è Amal” pubblicate nel 2017 a sostegno del progetto Be Filmaker a Gaza e del Centro Culturale Amal Al Mustakbal, nel campo profughi di Aida a Betlemme, Palestina.
•Ore 19.30
Dibattito su aggiornamenti e campagne in solidarietà con il popolo palestinese, intervengono
-Bilal (in collegamento da Aida Camp)
– BDS Italia
-Daniela Galiè Esc infomigrante
•Ore 20.30
Cabaret di raccolta fondi per il progetto di Circo a Gaza
•Ore 21.30
concerto della rassegna Originale
Nel 2003 Rachel Corrie, studentessa e attivista di Olympia (Washington), aveva 23 anni e si trovava nella striscia di Gaza come membro dell’International Solidarity Movement. Il 16 marzo, a Rafah, partecipava con altri attivisti – tre britannici e quattro statunitensi – a un’azione di resistenza contro le operazioni militari volte ad abbattere le abitazioni palestinesi nella zona del cosiddetto Philadelphia Corridor, nonché a distruggere le vie d’accesso al vicino confine egiziano. Rachel fu ferita da un bulldozer corazzato dell’esercito israeliano: trasportata d’urgenza dalla Mezzaluna Rossa all’ospedale Najar, sarebbe stata dichiarata morta alle 5.20 di quello stesso giorno.
Nonostante le denunce di numerose ONG, la tenacia dei familiari e le testimonianze degli altri attivisti presenti all’azione, il processo per la morte di Rachel si sarebbe concluso senza condanne. Nel 2012 la Corte di Haifa ha respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata dai genitori di Corrie nei confronti dello Stato d’Israele; nel febbraio 2015 la Corte Suprema ha infine rigettato l’istanza di appello presentata dalla famiglia, sostenendo che l’esercito israeliano non possa ritenersi responsabile per le azioni avvenute in una zona di guerra, così confermando la tendenza ad applicare “l’eccezione delle attività di combattimento” per assolvere i responsabili in divisa di omicidi e violazioni dei diritti fondamentali, tanto nei confronti del popolo palestinese quanto degli attivisti e solidali stranieri. L’omicidio fu definito dal portavoce dell’esercito israeliano come “un deprecabile incidente”.
da admin | 30 Lug 2017 | Blog, Glocal, Solidarietà
Presidio a Sostegno del Popolo Palestinese e della sua nobile Resistenza contro le politiche oppressive del governo Israeliano. Insieme, complici e solidali, contro ogni forma di sfruttamento e sovradeterminazione. Presidio Martedì 1 Agosto ore 17, Piazza della Rotonda.
Gli eventi degli ultimi giorni dimostrano come la città di Gerusalemme sia costantemente teatro di scontro e di lotta tra le forze occupanti, guidate dal governo di Israele, e le sollevazioni spontanee del popolo palesitinese.
La resistenza dei fratelli e delle sorelle in lotta, deve assumere necessariamente un ruolo centrale per l’attenzione dell’opinione pubblica e della Comunità Internazionale.
Per questo invitiamo la Città a ribadire complicità nei confronti di ogni popolo oppresso che lotta per libertà e per l’autodeterminazione.
Sarà un momento di espressione e condivisione di arte e cultura colorato e partecipato, in cui la Comunità palestinese scenderà in piazza e aprirà i microfoni per avere il sostegno di tutte le realtà romane e nazionali che da più di 50 anni sostengono i percorsi di solidarietà internazionale.
Sarà prima tappa di lancio verso il 29 novembre, data che l’Onu ha indicato come giornata mondiale di solidarietà con il popolo palestinese.
Sarà un incrocio da cui ripartire per riaffermare l’unica possibile soluzione per la pace: #freePalestine #EndTheOccupation
“I palestinesi della Comunità di Roma e d’Italia, denunciano e condannano la politica criminale dei governanti d’Israele, l’aggressione dei soldati e dei coloni, responsabili dell’uccisione di decine di palestinesi in soli tre mesi, di cui 4 ragazzi tra cui un bambino solo negli ultimi due giorni e il ferimento di altri 320. Salutano con orgoglio, la resistenza eroica del loro popolo – musulmani e cristiani – per la difesa dell’Al’Aqsa e di Gerusalemme. Denunciano e condannano il silenzio, l’indifferenza e la complicità della comunità internazionale e particolarmente dell’Unione Europea e chiedono un immediato intervento per garantire la protezione dei luoghi sacri di Gerusalemme e del popolo palestinese che da più di 50 anni continua ad aspettare l’applicazione delle risoluzioni dell’ONU e della Legalità internazionale che Israele non ha mai rispettato.
La Comunità palestinese chiede il ritiro israeliano dai territori palestinesi occupati, il riconoscimento del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e alla creazione del suo Stato libero ed indipendente sul suo territorio nazionale. Sono condizioni minime che neanche dovrebbero essere chieste in quanto sancite dal Diritto internazionale e dalle numerose Risoluzioni Onu ignorate senza alcuna sanzione da Israele. Condizioni senza il rispetto delle quali non ci sarà mai pace in Medio Oriente.
Gloria alla Resistenza e agli eroi resistenti.
Per la fine dell’aggressione e dell’occupazione israeliana.
Palestina Libera.”
(Dal comunicato della Comunità Palestinese a Roma e nel Lazio del 22/7/2017)