Cultura

Pubblicato il 3 dicembre 2014 | da Carolina Antonucci

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Basta morti sulle strade, ora pensiamo alla mobilità

Riflessioni sulla mobilità di una Roma travolta che deve ritrovare se stessa

Leggere tra le righe della gestione della mobilità a Roma permette di comprendere l’anima profonda della nostra città, che sembra abbandonata, ma che in realtà è preda di poteri forti.

Il primo pensiero corre al traffico e lo fa a ragione. Ma se si pensa alla mobilità ricollegandola all’insieme del contesto cittadino, non possono sfuggire evidenti elementi critici. Oggi vogliamo sottolinearne solo alcuni, riprendendo anche spunti importanti.

Roma è una città che non programma, non pianifica, non razionalizza la propria quotidianità con il fine ultimo di agevolarla. Non rispetta le vite dei suoi cittadini che attraversano le sue strade. Ma non è solo il movimento ad essere a tutti gli effetti ostacolato.

Manca il rispetto per la persona. La mobilità a Roma è l’automobile, un concetto totalizzante da cui non si sfugge se non con sacrifici; le uniche due ruote ammesse hanno il motore e la loro approvazione è proporzionale alla cilindrata.  E questo dimostra, oltre ad una scarsa lungimiranza, il mancato rispetto dell’ambiente, della salute e, più prosaicamente, dei diversi punti di vista sulla mobilità stessa.

Chi non è difeso dalle barriere in lamiera, più meno grandi, è semplicemente non visto.

Non visto come “il pedone”, che in realtà è un uomo di cinquant’anni, che ha un nome – Paolo Venturini – investito ieri, intorno alle 15 sulla Cristoforo Colombo all’altezza di Garbatella, mentre si allenava. L’automobile che lo ha investito è progettata sicuramente per raggiungere i 200 km/h. Senz’altro utile, in un mondo di limiti di velocità, limite sicuramente non rispettato ieri sulla Colombo a giudicare dal volo di 20 metri cui il corpo di Paolo Venturini è stato costretto prima di morire nel vano trasporto verso l’ospedale.

Ieri pomeriggio, alle 18.00, su quel tratto di strada pericolosissima, dove dal 30 settembre sono state 3 le persone investite a trovare la morte, la comunità che a Roma chiede a gran voce la revisione di questo concetto distruttivo di mobilità dominante si è ritrovata sul luogo dell’investimento per rendere omaggio alla vittima e per sollevare nuovamente il problema delle tante vittime della strada chiedendo al Comune provvedimenti urgenti.

Questa vasta comunità ha al suo interno anche i cicloattivisti che 3 giorni fa nel quartiere di San Lorenzo hanno realizzato, con un blitz durato 45 minuti, una ciclabile autoprodotta restringendo la carreggiata sotto il tunnel di San Bibiana, un pezzo di strada che collega la stazione Termini e Viale Manzoni con la Tiburtina, dove le macchine sono libere di sfrecciare, complice il senso unico di marcia, senza alcun rispetto per la presenza di altri veicoli. Ieri mattina l’idea di una corsia “protetta” per i ciclisti sotto il tunnel – realizzata peraltro con solo 140 euro come hanno fatto sapere i cicloattivisti – è tramontata, cancellata dalla “frenetica” attività del Comune che solitamente impiega mesi per ribattere i ricordi di strisce pedonali che campeggiano nelle nostre strade.

A Roma le amministrazioni non progettano, dicevamo, e quando lo fanno producono mostri come la Metro C, che costano cari e rischiano di rivelarsi un inutile doppione di mezzi di superficie che avrebbero potuto essere potenziati.

Anche sulla ciclabilità la politica cittadina ha uno sguardo miope. Chi chiede attenzione al tema si sente rispondere dalle istituzioni che non ci sono fondi per le piste ciclabili, quando – in realtà – nessuno chiede piste ciclabili al di fuori del contesto stradale. I cicloattivisti non hanno in mente le piste realizzate in questi anni dal Comune in modo schizofrenico e fuori contesto, piste che finiscono addosso a un muro o sotto sopraelevate come accade sulla Palmiro Togliatti, o nel nulla della campagna di Mezzocammino. Chi chiede che l’amministrazione presti la dovuta attenzione a chi ogni mattina sceglie i pedali per i suoi spostamenti quotidiani, non pretende assolutamente che altro cemento venga aggiunto a quello esistente. Basterebbe sforzarsi ed ascoltare le loro proposte nelle quali si parla di percorsi protetti. Servono esempi? Qualora non risultassero sufficienti i tanti esempi europei, rimaniamo a Roma, dove nell’VIII Municipio già due anni fa era stato lanciato un esperimento interessante. Il 24 aprile del 2012 la Rete Sociale dell’XI Municipio aveva lanciato un’iniziativa simbolica. Partendo dalla Circonvallazione Ostiense, armati di rulli, vernici e stencil, disegnarono una pista ciclabile con le sagome di bici verdi e rosse agli incroci. Il messaggio? Sensibilizzare sul tema della ciclabilità e attivare un percorso di progettazione condivisa dei mutamenti urbani.

Le amministrazioni che insistono su Roma hanno continuato a non curarsi della mobilità, ma, a ben guardare, rimanendo sempre sulle inchieste giudiziarie delle ultime ore, nulla sembrerebbe essere poi così casuale e disordinato.

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