Percorsi 180gradi

Pubblicato il 2 maggio 2016 | da Alessandro Stoppoloni

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Un anno a 180gradi

Primo anniversario per un mezzo di informazione che punta sul lavoro per sostenere un’idea di inclusione. Ed è anche in buona compagnia…

180gradi, “progetto di comunicazione sperimentale”, sta per compiere un anno di vita. Il numero 1 uscì infatti il 9 maggio 2015 e da allora la redazione propone ogni mese un approfondimento tematico su questioni legate alla salute mentale: dall’alimentazione (n.12) all’uso di sostanze stupefacenti (n.11) passando per un numero che si occupa delle difficoltà di applicazione della legge 180 (n.5). Altri articoli vengono pubblicati costantemente sul sito. Sviluppatosi  all’interno di una rete coordinata dal consorzio zona180, una struttura che da anni collabora con il Centro di Salute Mentale di Piazzale Antonio Tosti (zona Tormarancia), 180 gradi è un esempio concreto di collaborazione e cooperazione inclusiva. Alla vecchia idea che vede chi soffre di “disturbi mentali” come un elemento da separare dalla parte “sana” della società si sostituisce un approccio opposto, che mira a includere, e quindi uno degli aspetti virtuosi del progetto è lo sviluppo di un redazione intesa come un luogo di scambio e di crescita reciproca, dove tutti collaborano senza più distinzione tra operatori e utenti di un servizio di supporto psicologico.

Le attività dei membri del consorzio non si fermano al mensile e proseguono, ad esempio, con le trasmissioni radiofoniche di Radio Fuori Onda o con le consulenze offerte dagli Psicologi in Ascolto.

180gradi lavora costantemente su temi estremamente complessi, primo fra tutti quello da cui ha preso nome, la legge 180. Approvata il 13 maggio 1978, pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in via Caetani, fu in seguito associata al nome di Franco Basaglia, uno degli psichiatri italiani più noti, che da anni si batteva insieme ad altri per cercare di proporre un modello di assistenza psichiatrica radicalmente diverso rispetto a quello vigente, in Italia e non solo. Lo sforzo di Basaglia e dei suoi collaboratori, così come quello di altre esperienze virtuose in altre parti d’Italia, contribuì a mettere in discussione paradigmi che sembravano consolidati e difficili da scalfire, mettendo in moto una dinamica che portò a raggiungere risultati un tempo considerati utopici. L’approvazione della legge 180, di cui era relatore lo psichiatra democristiano Bruno Orsini, fu ottenuta però solo dopo un’intensa mediazione fra le varie anime della psichiatria e fra i diversi gruppi politici che agirono in fretta per scongiurare il referendum promosso dal partito radicale che si proponeva di abrogare la legge del 1904, il provvedimento su cui ancora si reggeva l’assistenza psichiatrica italiana. La legge del 1978, presto assorbita all’interno del provvedimento che istituiva il servizio sanitario nazionale, impediva la costruzione di nuovi manicomi e si proponeva di chiudere nel giro di alcuni anni quelli esistenti (in realtà questo processo durò molto più del previsto). Alle grandi istituzioni manicomiali si aveva intenzione di sostituire delle strutture più piccole dislocate sul territorio che dovevano seguire una logica organizzativa completamente diversa rispetto al passato.
L’Italia arrivò alla legge 180 con una situazione molto eterogenea: se da una parte alcune regioni, spesso situate nel nord, erano all’avanguardia, altre presentavano strutture insufficienti e arretrate. Da allora periodicamente si riaccende il dibattito sulla legge 180. Riassumendo in modo molto schematico si possono ridurre a due le tendenze più consolidate: alcuni auspicano il cambiamento della legge e la accusano di aver di fatto scaricato l’onere dell’assistenza sulle famiglie, mentre altri continuano a difenderne l’impostazione, sostenendo che il problema centrale non è la riforma, ma la sua mancata applicazione. In questo senso non sono mai mancate le critiche per la mancanza di fondi e di strutture, problema che è stato poi trascinato fino ai nostri giorni.

La comunità che anima 180gradi e zona180 ha ben presente la questione e in questi giorni sta promuovendo una petizione da inviare al Presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti e ai candidati alla carica di sindaco di Roma per chiedere una svolta nelle politiche di tutela della salute mentale. L’appello richiama l’attenzione in particolare sulla mancanza di fondi, sulla precarietà del personale sanitario e sulle scarse possibilità di sviluppare progetti duraturi (qui la lettera-comunicato di Psichiatria Democratica).

Fortunatamente questa  effervescenza non è un elemento eccezionale nel panorama cittadino. Poche settimane fa si è chiusa al MAXXI la sesta edizione della rassegna cinematografica Lo Spiraglio che: ospita ogni anno una selezione di lavori che riguardano la salute mentale. L’ultima edizione ha presentato fra i cortometraggi Bellissima di Alessandro Capitani che affronta la questione dell’obesità e del rapporto con il proprio corpo (qui si può guardare il trailer) e che è risultato vincitore di un David di Donatello nell’edizione del 2016.

Arrampicandosi fino a Monte Mario si ha la possibilità di visitare il Santa Maria della Pietà, l’ex manicomio di Roma. In quello che era il padiglione 6 del manicomio dal 2000 è ospitato il Museo Laboratorio della Mente (qui un’intervista di Barbara Petrini di 180gradi a Pompeo Martelli, direttore del museo). Il museo non segue un’impostazione da museo “tradizionale” e punta molto sul coinvolgimento del visitatore. Viene proposto inoltre un ricco calendario di iniziative (dibattiti, concerti, teatro, divulgazione).

La questione della salute mentale ci riguarda più di quanto si possa (o si voglia) immaginare. La legge 180 è stata sicuramente un’importante tappa. Non è però il traguardo. Molte questioni, come ad esempio la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e la loro trasformazione in Residenze per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza Sanitaria (REMS, qui alcuni articoli di 180gradi sull’argomento e qui un articolo di CORE), sono rimaste in sospeso o, perlomeno, non si è riusciti ad arrivare fino in fondo. È quindi fondamentale continuare a lavorare e a riflettere su cosa si intende per “normalità” e cosa si intende per “anormalità”, possibilmente sforzandosi di cambiare ogni tanto punto di vista. Gli stimoli per fare una cosa del genere non mancano di certo.

 

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