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Pubblicato il 5 giugno 2015 | da Redazione

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Messico: domenica al voto tra repressione e militarizzazione

Domenica prossima, 7 giugno, circa 82 milioni di messicani andranno alle urne per eleggere 500 deputati del Congresso, i sindaci di circa 900 comuni e i governatori di nove Stati

Il 7 giugno si terranno le elezioni in diversi Stati messicani: un voto preceduto da una forte ondata repressiva e da una scia impressionante di omicidi in varie zone del Paese, con la morte di almeno cinque candidati e due coordinatori elettorali negli stati di Guerrero, Tabasco e Michoacan. L’ultimo è stato Miguel Angel Luna, candidato al Parlamento del Partito della Rivoluzione Democratica, ucciso il 3 giugno nello Stato della Valle de Chalco.

Un assassinio che si aggiunge a quelli dei giorni scorsi: il 25 maggio è stato ucciso José Salvador Méndez Morales, coordinatore della campagna elettorale di Lorenzo Rivera Sosa (Pri), candidato a Deputato federale per il II Distretto di Zacatlán; il 28 è stato assassinato Israel Hernández Fabela, coordinatore della campagna di Aida Beltrán Sánchez (Pri) e il 30 maggio, nella località di Peto (Stato di Yucatán), due persone hanno perso la vita negli scontri scoppiati durante la chiusura della campagna elettorale del Partito Azione Nazionale (Pan).

In questo clima, pubblichiamo l’intervento di Omar Garcia – studente della Escuela Normal y Rural di Ayotzinapa e unico sopravvissuto al sequestro dei  43 normalisti dello scorso 26 settembre – circa la militarizzazione della città di Tixla (Stato del Guerrero) che precede il voto di domenica.

«Come previsto l’intenzione governativa è di garantire in maniera “pacifica” la giornata elettorale di domenica prossima. Uno dei modi scelti dal governo è stato accerchiare la città.

Nei giorni scorsi sono stati trasferiti impressionanti plotoni militari verso il Guerrero: camion blindati, camionette, carri, etc. Dal pomeriggio di lunedì sono stati installati posti di blocco da parte di Esercito, Gendarmeria, Polizia federale e Marina, nelle tre vie di accesso alla città.

Come è risaputo da tempo, noi che da otto mesi lottiamo per il ritorno a casa dei nostri 43 compagni ci opponiamo allo svolgimento delle elezioni nello stato di Guerrero. Le ragioni sono state esposte varie volte e tutte giungono ad un punto evidente: molti di coloro che oggi sono in corsa  per essere eletti sono collusi con il crimine organizzato. Non sappiamo se queste misure abbiano come obbiettivo quello di lasciarci fuori dalla lotta in questo periodo elettorale, ose ci siano altre mire contro la nostra scuola. Viste le passate aggressioni o minacce di chiuderla, noi – come alunni e come padri e madri di famiglia – temiamo il peggio.

Il pomeriggio di lunedì, 8 compagni della scuola sono stati fermati e liberati grazie alla pronta mobilitazione di studenti, genitori, organizzazioni e organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Anche martedì si sono registrati scontri fra il movimento e le forze governative. Questo non succede solo a Guerrero: repressione e presenza militare stanno aumentando a Oaxaca, Michoacan e contro il popolo ribelle di Atenco. Il paese è in tensione.

Non saranno le elezioni a definire il cambiamento di questo paese, che si facciano o meno noi continueremo la nostra lotta. Chiediamo di prestare attenzione a quello che succederà in queste giornate. Ma soprattutto chiediamo di prepararsi per quello che succederà immediatamente dopo la scandalosa giornata elettorale.

Lo stato messicano cerca legittimità, molte persone sono pronte a legittimare altri omicidi, corruzione, ingiustizia e povertà. Noi no. Perché vivi li hanno presi e vivi li rivogliamo!»

Omar Garcia, 3 giugno 2015

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