Culture Pride: di nuovo in strada per rilanciarsi e ritornare alla Festa
Claudio Romanelli, direttore artistico dell'evento e Segretario Generale dell'associazione culturale Controchiave e Luciano Bevilacqua, coordinatore della stessa associazione, raccontano questi 21 anni di storia e delle problematiche che hanno "trasformato" la Festa di quest'anno
Per oltre vent’anni è stato un appuntamento fisso. La prima (o la seconda) settimana di giugno, migliaia di persone hanno affollato le strade del quartiere ma, soprattutto, la Cultura è scesa in strada reclamando i propri spazi, invadendo di musica la Garbatella. Quest’anno tutto questo non avverrà o, quanto meno, avverrà qualcosa di diverso. Non ci saranno i banchetti delle associazioni che animano questo territorio, non ci sarà il palco in piazza Sauli, non ci saranno i negozi aperti fino a tardi. Una cosa però resterà: la voglia di fare e di essere Cultura riscenderà tra gli spazi di questo angolo di Roma, rivendicando i giusti riconoscimenti che una manifestazione come la festa della Cultura e come tutti quegli avvenimenti che rendono vivo un territorio meritano, rilanciando i temi a lei da sempre cari.
Come nasce la Festa della Cultura?
«Il primo evento è stato nel 1994, come Festa della Musica, uno stimolo su quello che accadeva il 21 giugno a Parigi, giorno in cui tutti scendono per strada e suonano. Una jam session continua e trasversale che invadeva la capitale francese con un’enorme quantità di gente che suonava. Passate le prime tre edizioni, da noi, si è trasformata in una festa per la cultura ed è diventata un’occasione per arrivare ai livelli di riflessione sul linguaggio artistico e per fare cultura. La Festa per la Musica coinvolgeva più quartieri di Roma insistendo anche su determinate problematiche come la viabilità e gli spazi verdi. Vent’anni fa Garbatella era ancora un quartiere periferico e i primi anni eravamo molto in contatto con il Pigneto che, a quei tempi, stava combattendo per rendere il parco dell’ex-Snia un bene pubblico. Volevamo quindi essere presenti sul territorio riportandone alcune criticità di questo e lavorando sui linguaggi artistici. Quindi, partendo dalla musica, nel 1997 ha cambiato nome, si è trasformata naturalmente nella festa per la cultura. Pian piano la conformazione ha reso Garbatella il centro della nostra attività, anche se abbiamo mantenuto agganci con altre situazioni pure extra-romane. Abbiamo sempre cercato di concentrare gli sforzi perché già a quei tempi si denotava un’assoluta mancanza di rapporti con Comune o istituzioni che potessero agevolare questo tipo di iniziativa».
I rapporti istituzionali dunque sono stati molto difficili da sempre…
«La Festa per la Musica la presentammo anche al Comune di Roma. La nostra Festa, lo sottolineiamo, è nata prima di quella della Musica che organizza adesso il Comune. Solo Roma Europa Festival faceva dei concerti di musica classica nelle chiese in concomitanza della festa parigina. Le istituzioni capitoline sono arrivate un anno dopo ma c’è stata una visione diversa sull’evento in sé. Quando arrivammo a dialogare con loro, il Comune propose un grande evento centrale organizzato da loro e degli eventi più periferici auto-gestiti e autofinanziati. Una ghettizzazione con nessuna idea di scambio sull’organizzazione: caratteristiche nelle quali non ci rispecchiavamo, rivendicando tutta un’altra idea di cultura. Andare lontano dai luoghi deputati per portare l’espressione del luogo e quella artistica, farle incontrare ed avere un’evoluzione è la nostra idea ed è quella che manca nelle programmazione di tutta Roma Capitale. In quegli anni si stava legalizzando l’idea di una cultura di “Serie A” e una di “serie b”, a Roma Borgna (assessore alla Cultura del comune di Roma dal 1993 al 2006) travisò gli stimoli iniziali dell’estate romana creando una divisione netta tra la cultura che aveva un “personaggio” dietro mentre tutto il resto era nulla, cultura territoriale, di prossimità, feste di quartiere. Non c’era un meccanismo di collegamento ed è questa la cosa che resiste ancora oggi. La nostra battaglia è tutta su questo. Su questa dicotomia che per noi non deve esistere. Ci deve essere un filo diretto tra il grande evento e quello territoriale. Tant’è vero che noi abbiamo creato una grande iniziativa partendo proprio dal basso. Qual’è migliore dimostrazione per dare prova che questo meccanismo è errato? Il nemico è stato tutto a sinistra».
Con il Municipio invece come sono stati i rapporti?
«Siamo sicuramente riusciti a dialogare meglio con il Municipio, perché si accorge maggiormente di determinate urgenze mentre il Comune non ha neanche un aggancio sul territorio. È storia recente l’indizione di un bando per i festival tradizionali che danno prestigio e continuità alla cultura a Roma al quale abbiamo partecipato e non siamo stati ammessi. Perché la nostra festa è di un solo giorno e non c’è la fondazione di prestigio… Ha una struttura che è completamente diversa dall’idea di un incontro, di uno sviluppo culturale sul linguaggio artistico all’interno del territorio. Il Municipio è sempre stato a fianco della festa anche se si è trovato sempre nell’impossibilità di intervenire in modo economico. A volte ci sono stati anche degli equivoci, spesso il Municipio ha continuato a interpretare quest’iniziativa come un’attività dell’associazione Controchiave mentre questa per noi è sempre stata una messa a disposizione di uno spazio per tante realtà e associazioni sociali. Nonostante il dialogo è un’idea difficile da fare passare. La Festa è sempre stata un luogo in cui l’intera via Magnaghi è stata il punto di informazione su tutte le attività che fanno attività sociali sul territorio».
Il supporto degli artisti invece?
«Gli artisti hanno riconosciuto la validità della nostra Festa altrimenti non sarebbero venuti gratuitamente. Questo grazie a un’attività di rete che va avanti per tutto l’anno e che per quell’evento si esalta».
Quello che è sempre mancato è stato un dialogo con le istituzioni per un lavoro che si estendesse durante l’anno?
«Sì, questo non c’è mai stato».
Arriviamo a quest’anno…
«In questa formula diversa sarà la 21esima edizione. Dopo vent’anni torniamo al punto di partenza, quindi qualcosa va capita. Se dopo questo lasso di tempo manca un canale per essere individuati e riconosciuti come un evento storico nella Città qualche domanda dobbiamo porcela. Continuare nella stessa forma sarebbe stata una sopravvivenza senza superare i due blocchi critici, la programmazione durante l’anno e il finanziamento dell’evento. Non volendo più vivere di piccoli rivoli la ventunesima non poteva essere così. C’era bisogno di un taglio e di un rilancio. Per noi, il corteo musicale è già da adesso un rilancio. Nessuno di noi pensava di stare in silenzio. Nell’evoluzione e nel confronto con le altra realtà è nata l’idea di circondare i luoghi tradizionali della Festa della Musica arrivando a piazza Sauli, fermandosi in concomitanza dell’orario di quello che era l’ultimo concerto. Forte in noi quindi c’è un’idea di rilancio, richiamando tutte le realtà, le istituzioni e il Comune stesso. Dal 15 dobbiamo capire, attivare e ricreare i presupposti necessari per far ripartire la Festa della Cultura».

