Piccola storia del debito sanitario laziale
Da Storace alla Polverini, passando per Marrazzo: la nascita della voragine economica che mette a repentaglio le casse regionali e le diverse strategie per cercare di tappare il buco
La chiusura di molti ospedali, a Roma come in altri territori, è dovuta ad un debito nelle casse della Regione Lazio originatosi con la devastante gestione della res publica laziale durante l’amministrazione Storace (dal 2000 al 2005). Sono gli anni in cui la Sanità, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, viene completamente affidata agli amministratori regionali, i quali si sono trovati da un giorno all’altro a dover gestire direttamente un enorme flusso di denaro, proveniente dallo Stato e dai contribuenti. Nel 2006, come primo atto del suo mandato, il neo governatore Marrazzo dichiara che la Regione ha un buco di 10 miliardi di euro, a seguito del quale il governo interviene commissariando il Lazio, nominando Commissario Straordinario alla Sanità lo stesso Marrazzo. Come si giunge a tale punto di crisi? La risposta va cercata nella politica attuata dalla precedente amministrazione, contraddistinta dalla finanza creativa, sulla falsa riga delle scelte economiche dell’allora già ministro dell’Economia Tremonti, e da scandali di corruzione che hanno visto inchieste, arresti e procedimenti per gli esponenti della cricca di Storace, assessori regionali e dirigenti sanitari. La finanza creativa regionale, necessaria dopo soli tre anni di gestione a causa delle inefficienze nella gestione finanziaria e contabile delle aziende sanitarie, era basata sulla cartolarizzazione e la copertura finanziaria del debito. Dal 2003 viene avviata l’operazione Sale and Lease Back sugli immobili strumentali del Sistema Sanitario Regionale, consistente nella vendita e successivo affitto alla Regione di 49 ospedali, con immenso profitto degli intermediari finanziari. Viene inoltre intrapresa la compravendita di titoli del debito regionale, suddiviso in operazioni di gestione di tali titoli derivati, di cui ben sei di queste vengono realizzate con il colosso Lehman Brothers, fallito nel 2008. I titoli creati nelle operazioni, ad interesse annuo del 10% circa, si tramutano in un debito di circa 4 miliardi di euro per la Regione, che si trova, nel 2005, a dover soldi a finanziarie della speculazione, come Hogart Finance, CBI Factor, Credsec. Si tratta di società finanziarie (alcune delle quali di origine americana) che hanno tanti soldi in pancia da potersi permettere di rastrellare e acquistare i crediti vantati da piccoli e grandi fornitori di beni e servizi venduti al sistema sanitario regionale, piccole e grandi cliniche, piccoli e grandi ospedali. Società finanziarie che, nel Lazio, hanno acquistato crediti per centinaia di milioni e da speculatori si sono tenuti i crediti delle aziende sanitarie, facendo decorrere lunghi periodi in cui maturano milioni di interessi. Per quanto riguarda gli scandali legati alla corruzione, nel 2004 i magistrati scoprono un sistema di tangenti che coinvolge gli assessori Giorgio Simeoni e Marco Verzaschi, nonché l’ imprenditrice Anna Iannuzzi, meglio nota come Lady ASL. Tangenti milionarie quelle versate agli amministratori, funzionali ad assicurarsi una corsia preferenziale nella sanità in convenzione con la Regione. Tale sistema si rivela un grave appesantimento della spesa Regionale, che destina una parte rilevante del suo bilancio per le strutture in convenzione. Dopo un tale sfacelo, gli anni della giunta Marrazzo si sono caratterizzati da un’opera di severa copertura del debito, con un Piano di rientro basato su prestiti coperti dal Fondo sanitario nazionale, il tentativo di abbattimento dei costi di produzione e l’introduzione di un ticket per i servizi in ospedale. Un’operazione di lungo termine che ha visto, nel 2008, uno stallo dovuto allo scontro tra la Regione ed il governo Berlusconi a causa del blocco dei fondi da parte di quest’ultimo e che ha trovato soluzione nel pronunciamento della Corte dei Conti in favore della Regione Lazio. L’attuale Giunta, nominata nel 2010, si trova a dover seguire il Piano di rientro per forza di cose. Ma la governatrice Polverini, nominata anch’essa Commissario Straordinario, senza considerare le parti sociali, sta inaugurando una politica di lacrime e sangue priva di ogni riguardo per il pubblico diritto alla salute. Sembra dunque che si apra una stagione di forte incertezza – sottolinea Luigi Nieri, consigliere regionale ed assessore al bilancio della Giunta Marrazzo – I tagli operati di recente mancano di qualsiasi logica di programma. Si sa di certo solo che saranno chiuse 24 strutture ospedaliere, eliminando 2865 posti letto. Non si sa nulla neanche della riconversione dell’assistenza ospedaliera pubblica erogata nei piccoli ospedali. Un vero disastro per la sanità laziale intera”. L’unica sicurezza è che, dopo chiusura degli ospedali pubblici, saranno le strutture private convenzionate e non, in mano ai vari Ciarrapico (senatore Pdl) e Angelucci, ad aumentare i loro già troppo alti profitti.