Cultura palestre popolari

Pubblicato il 11 ottobre 2011 | da Giulia Salandri

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Palestre popolari; etica dello sport come diritto per tutti

Dal Quadraro a S. Lorenzo, passando per Montagnola e S. Paolo, le palestre romane dove lo sport è anche cultura, socialità e autogestione

Le palestre popolari nascono come spazi di occupazione da autogestire e dove poter sperimentare forme di autofinanziamento.
L’impegno collettivo è quello di sottrarre alla speculazione, agli elaborati e sinistri meccanismi di mercato, le nostre passioni. Lo sport da competitiva, macchina di lucro, si evolve a contenitore di una profonda contaminazione di stili, di linguaggi tecniche e identità diverse e tutte collaudate al fine di costruire gli scenari di una città che si riscopre, di volta in volta, come multiculturale, multirazziale.
Roma offre funzionali e attivi spazi ricreativi per lo sport libero; la Palestra Popolare di San Lorenzo ne è un esempio: nasce come area occupata autogestita e risponde alle intollerabili discriminazioni economiche che fanno dello sport un affare d’elitè, proponendo uno sport che è, invece, affare del popolo. La palestra sanlorenzina offre molti percorsi sportivi oltre alle lezioni di boxe, le quali restano, in ogni caso, le più frequentate: l’arrampicata, teak wondo, tachi chuan, capoeira.
Tra le principali strutture di Roma annoveriamo anche quella del Quadraro, uno spazio pubblico che nasce all’interno del centro sociale occupato Spartaco, anch’essa fuori dalla logica imprenditoriale e privatistica e a sostegno del comune desiderio di riprendersi un territorio, una cittadinanza, un futuro. Permette corsi di boxe e di prepugilistica, danza del ventre e contemporanea, lezioni di yoga, breakdance, capoeira nagò, tango argentino, balli di gruppo, trattamenti shiatsu e così la scelta diviene oltremodo imbarazzante.
La Palestra Popolare Corto Circuito, sita nell’area del centro sociale Corto Circuito è un’altra. Si tratta dell’Associazione Sportiva Dilettantistica che svolge le proprie attività nel quartiere Lamaro, Cinecittà, ed anch’essa presenta un’offerta multidisciplinare: kich boxing, teak wondo, capoeira, tai ji quan, corsi di musica, di difesa personale e un campo di calcio a cinque regolamentare. E’, quindi, una palestra che agisce come polo aggregativo di una comunità territoriale.
Anche il municipio VIII (ex XI) non manca di risposte. Un anno fa nasceva infatti “La Popolare- Palestra indipendente” nell’ex Cinodromo della capitale, all’interno del laboratorio del precariato Acrobax, e la cui normale attività ha ripreso a partire da metà settembre. Non ha nulla da invidiare alle palestre capitaliste. I corsi sono numerosi: aikido, prepugilistica, karate, arti marziali russe, kung fu, kick boxing. Attraverso un percorso sportivo viene cresciuto l’equivalente percorso culturale, sociale e politico.
Le tariffe accessibili e la significativa accoglienza dei giovani in difficoltà contraddistinguono anche la Team Boxe Roma 11, nel quartiere della Montagnola, dove il pugilato agonistico e dilettantistico svolge il suo ruolo fondamentale dando alla luce due campionesse italiane di pugilato femminile per dilettanti: Athea Ciminiello e Sabrina Marconi, vincendo le rispettive gare sui 54 e 48 chili.
Ma come pensare queste palestre del ‘popolo’?
Sono luoghi di gratuità, liberati dalle asfissianti formalità; sono spazi fatti di sudore e passione e della disillusione che li contraddistingue: non si allevano campioni olimpici ma solo uomini e donne migliori. Sono lo straordinario riflesso di una città che protegge, che difende e che scioglie le claustrofobiche catene della marginalità sociale, restituendo al popolo uno spazio di educativa libertà.

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