Resistenze ciclofficina lastrada

Pubblicato il 15 maggio 2015 | da Carolina Antonucci

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Casa Madiba, l’accoglienza è anche una “Ciclofficina Migrante”

La collaborazione tra la Casa di Accoglienza di Forano (RI) e la Ciclofficina della Strada propone la condivisione del saper-fare come modello di integrazione

Casa Madiba (Forano, provinca reatina) è un centro di accoglienza per richiedenti asilo gestito dalle Cooperative Stand Up e Hermes. Ospita uomini che, per lo più, hanno attraversato il Mediterraneo per arrivare a chiedere aiuto in Europa. Uomini che hanno conosciuto privazioni, violenze, guerre nei propri paesi di origine – per la totalità Stati dell’Africa Subsahariana – e torture, soprattutto in Libia, durante il loro peregrinare in cerca di una speranza.

Il mare è stato clemente con loro e la speranza è diventata una richiesta di Protezione Internazionale inoltrata al nostro Paese. Il Centro di Accoglienza è il luogo dell’attesa; l’iter si sostanzia in un provvisorio permesso di soggiorno di soli tre mesi durante i quali è interdetto il lavoro. Il tempo passa all’interno del Centro dove sono organizzati corsi di italiano e dove si può ricevere assistenza legale o psicologica. Dopo sei mesi dall’arrivo in Italia viene riconoscuto un permesso di soggiorno provvisorio, di durata semestrale, che dà la possibilità di lavorare. Può passare un anno prima che la Commissione incaricata di decidere sulle richieste si riunisca e un ulteriore anno e mezzo prima di ottenere, una volta svolta l’audizione del richiedente, la decisione ultima sulla sussistenza delle condizioni che permettono l’accoglimento della domanda di protezione internazionale.

Da Rosa e Adelaide di Casa Madiba e gli attivisti della Ciclofficina la Strada è nata l’idea di offrire a questi uomini – alcuni dei quali poco più che ragazzi, come Nainy, diciannove anni, fuggito dalla Guinea Conakry dove imperversano i conflitti interetnici – strumenti, competenze, conoscenze per fare proprio un mestiere “universale” come ha spiegato un attivista della Ciclofficina nel primo incontro in primavera. Saper “mettere le mani” su una bicicletta è un mestiere universale spendibile, come si ama dire oggi, praticamente ovunque. L’accoglienza è dare la possibilità di ri-costruirsi un futuro.

casa madibaIl primo incontro è stato emozionante; in cerchio, tra le mura del centro sociale La Strada, nel cuore di Garbatella, le operatrici del Centro e i cicloattivisti hanno spiegato il progetto ai ragazzi di Casa Madiba in inglese e francese, mentre Modibo (26 anni, del Mali) e Nainy hanno tradotto in bambarà e malinke. «Il centro sociale La Strada – spiegano dalla Ciclofficina – è occupato dal 1994. E’ uno spazio in cui i giovani si ritrovano immaginando e praticando, l’altro mondo possibile, quello migliore». Gli sguardi sono attenti, c’è emozione e attesa. Dalla Ciclofficina si passa poi a spiegare il motivo per cui i ragazzi del centro sono stati invitati a Garbatella.

Anche la Ciclofficina è parte integrante del progetto del centro sociale. L’idea è quella di «disegnare una nuova città dove la strada possa divenire un luogo di condivisione; dove i bimbi possano giocare senza temere le automobili e il traffico. Inoltre la Ciclofficina fa propria la filosofia del Ri-uso. Le biciclette vengono riciclate, riassemblati i pezzi di vecchie bici in disuso. Ma la bici non è solo divertimento, è anche un utile mezzo di trasporto che può essere usato da tutti e può diventare un’opportunità di lavoro». Dunque è proprio i questa propsettiva che andrebbe ad inserirsi la sinergia tra cicloattivisti e Casa Madiba. L’idea sarebbe proprio quella di insegnare agli ospiti del Centro come aggiustare biciclette e sarebbe un bagaglio di conoscenze esportabile ovunque.

casa madibaE quest’idea piace subito ai ragazzi, viene accolta con entusiasmo. Lamin, 26 anni fuggito dal Gambia spiega, interpretando il pensiero comune a tutti gli altri: «è un’ottima idea, avere un proprio lavoro è la cosa migliore che possa esserci nella vita, ti rende orgoglioso di te stesso». Mentre Rosa Paolella, attivista del C.S.O.A. La Strada è operatrice legale del centro Madiba ci spiega come siano «l’iter burocratico lento, le difficoltà di integrarsi in un contesto nuovo e le poche possibilità previste per i migranti a rendere il periodo di attesa estenuante». Ricordiamo che i migranti per i primi sei mesi di permanenza nel nostro Paese non possono di fatto svolgere alcuna attività. «Per questo – aggiunge Rosa – progetti come questi, dal basso, aiutano a riempire di senso un’accoglienza che altrimenti sarebbe svuotata del suo perché».

Ma bisogna restare con i piedi per terra. Il progetto ha tempi medio lunghi: ci saranno incontri nei quali si dovran no imparare i nomi degli strumenti, i nomi dei componenti delle bici e si dovrà capire come e dove mettere le mani. Gli aspetti positivi sono tanti. Per aprire una ciclofficina non serve tantissimo spazio e sia gli attrezzi che i componenti possono – proprio sulla base della filosofia del riuso – riciclati.

Domenica 17 maggio è previsto il primo incontro pratico-teorico. Il progetto ha preso piede e il primo appuntamento pubblico per permettere a Casa Madiba e a Ciclofficina La Strada di sostenerlo è previsto per domenica 31 maggio in occasione della festa della Ciclofficina. Ci sono alcune spese che dovranno essere affrontate per permettere a Casa Madiba di aprire una propria Ciclofficina e per questo motivo è necessario raccogliere fondi. Così domenica 31 maggio è previsto un pranzo a sottoscrizione proprio per finanziare il progetto “Ciclofficina Migrante”.

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