Roma 70: arriva la Primavera al Campo Socrates
Domenica 12 aprile, in via Alberto Ascari, torneo di calcetto e braciolata prima della presentazione del libro sul Doutor
Prendi un campetto abbandonato all’incuria e aggredito dalle erbacce libere di raggiungere altezze proibitive per qualunque bambino, prendi un’Associazione come Nessun Dorma che da anni lavora affinché questo senso di abbandono perda per sempre residenza in periferia. Il risultato dell’incontro sarà una grande conquista per il quartiere: un campetto di calcetto liberato, usufruibile gratuitamente, in terra ed erba vere (!) e con un nome che è un’eredità importante. Il campo Sócrates.
Siamo a Roma 70 e non in Brasile, tuttavia il Doutor (Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira) capitano della Seleçao verde-oro ai mondiali del 1982 e ancora nel 1986, ha lasciato un segno importante, e non solo per le sue gesta sportive, in chi ragiona il calcio e lo sport in modo diverso. Un uomo fuori dal comune, un trascinatore, un leader, un medico, un grande calciatore e un pensatore. Tutto questo è stato Sócrates e la sua storia è stata raccontata magistralmente da Lorenzo Iervolino nel suo libro: “Un giorno triste così felice. Sócrates, viaggio nella vita di un rivoluzionario”. L’autore del libro parteciperà domenica 12 aprile alla “Festa di primavera” che il Campo Sócrates ospiterà dalle 10 alle 17, in via Alberto Ascari. Alle 15 ci sarà la presentazione del suo libro, per questo abbiamo pensato di rivolgere qualche domanda a Lorenzo Iervolino, laurea in Scienze Politiche e un grande amore per lo sport.
Anagraficamente è difficile pensare che la tua curiosità verso Sócrates possa essere stata mossa da un ricordo del Doutor sui campi da gioco. Come è nata questa curiosità?
«Il rapporto tra l’Italia e Sócrates nasce nell’estate del 1982 quando si giocano i mondiali. Un Brasile fantastico stellare, incontra l’Italia e questa riesce a batterlo andando a vincere la Coppa del Mondo. L’Italia conosce un giocatore stranissimo fisicamente, particolare, che mischia la lentezza ai tocchi di prima, di classe. Un altro momento in cui l’Italia incontra Sócrates è nella stagione 1984-85 in cui il Dottore vestì la maglia viola. Nel 1982 avevo due anni, quindi non c’è chiaramente alcuna esperienza diretta di lui in Italia né di quanto avesse fatto in Brasile. Inoltre è si sempre saputo pochissimo della “Democracia Corinthiana” e se oggi è piuttosto semplice, grazie al web, accedere ad un numero elevatissimo di informazioni, su quest’esperienza si è continuato a sapere poco. Questo poco riguardava anche il mio bagaglio di conoscenze prima della mia ricerca. Ma sapevo che Sócrates non si limitò ad essere un calciatore, capitano della Seleçao, ben pagato. Fu molto altro; partecipò attivamente alla vita politica del suo Paese che attraversava un momento molto complicato, quello della dittatura militare che deteneva il potere, senza soluzione di continuità, dal 1964 in Brasile e che lo avrebbe conservato fino al 1989. Ho iniziato ad approfondire la figura di Sócrates e la Democracia Corinthiana quando, per una trasmissione radiofonica dal titolo “La staffetta: storie ribelli e cronache perdute” che andava in onda sulle frequenze di Radio Kairos che si trova al T.P.O. di Bologna con il collettivo di scrittori di cui faccio parte “Terranullius Narrazioni Popolari” abbiamo iniziato a scrivere delle narrazioni che riguardassero episodi di resistenza un po’ meno noti. Ho proposto come tema per la trasmissione proprio la Democracia Corinthiana e da lì è iniziata la scoperta. Ho dovuto accantonare la scrittura di quella puntata e ho iniziato a ragionare in modo diverso sul personaggio Sócrates che ho capito meritasse di essere raccontato in profondità».
Cos’ebbe di particolarmente dirompente il messaggio “socratico” per il calcio brasiliano?
«Sócrates iniziò ad imporre la definizione di cittadino-calciatore, un uomo che doveva interessarsi a quanto accadeva nella società a livello politico-culturale. Per questo motivo sottolineava continuamente l’importanza dello studio. Lui che aveva anteposto al sua formazione universitaria – diventò medico – agli impegni cui l’obbligava il calcio professionistico, ha finito per fare scuola in Brasile. Sono molti i Club che oggi affiancano progetti pedagogici alla pratica sportiva cosicché gli atleti, fino a 18 anni, sono aiutati a studiare anche con l’ausilio di psicologi e non devono solo allenarsi due volte al giorno. Questo avviene anche al Botafogo Ribeirao Preto, la prima squadra in cui giocò Sócrates.
Il Doutor nel 2007 si impegnò a redigere una proposta di legge che garantisse la certezza del conseguimento del titolo di studio ai giovani atleti avviati al professionismo, immaginando investimenti in infrastrutture e istruttori all’interno dello stesso sistema scolastico brasiliano. Questa proposta è stata respinta. Purtroppo in Brasile gli interessi intorno al business dello sport, non solo attorno al calcio, sono enormi».
Negli ultimi anni in Italia sono nate molte esperienze di calcio popolare che innovano il panorama sportivo. Cosa ne pensi?
«Ci vedo una naturale vicinanza a quella che è stata l’esperienza della Democracia Corinthiana che però si è sviluppata all’interno di una società ordinaria, con una dirigenza, dei soci e che disputava campionati di altissimo livello. Ma nel contesto del professionismo, peraltro in un Paese che stava vivendo una situazione di Dittatura, Sócrates e i suoi compagni hanno dimostrato che anche nelle condizioni più estreme è possibile autogestirsi o co-gestirsi tra tifosi, dirigenti, soci e atleti. Credo che quello che avviene non solo nel calcio popolare, ma nello sport popolare in genere, nelle palestre ad esempio, aderisca abbastanza a quei valori che erano propri della Democracia Corinthiana. C’è vicinanza e continuità. È stata una bella ondata di novità quella della nascita delle squadre di calcio popolari, non solo nella nostra città, ma in tutta Italia. Lo sport popolare, così come fece a suo tempo la Democracia Corinthiana, rimette lo sport dentro alla dinamica della vita politica e sociale del Paese. Inoltre lo sport popolare fa sempre proprio il motto centrale dell’esperienza democratica corinthiana: Vincere o perdere ma sempre in democrazia».
Il 12 aprile verrà inaugurato un campo di calcetto che, a Roma 70, è stato strappato all’incuria per essere restituito al quartiere. I ragazzi che lo hanno ripulito e che ora lo autogestiscono, gli hanno voluto dare il nome di Sócrates. Che effetto ti fa?
«Sono contentissimo, è una delle cose più belle che mi è capitato di sentire da quando ormai più di due anni fa mi sono messo ad inseguire le ombre di questo fantasma e ho cercato di ricostruire la sua vita. Credo sia una cosa bellissima, simbolicamente forte. Se penso a quale fosse il lettore ideale cui pensavo di indirizzare il libro, in testa ho sempre avuto i ragazzi e le ragazze appassionati di sport e politica. Ho pensato che avrebbero potuto trarre molti insegnamenti, come è successo a me, entrando a conoscenza della vita e delle idee di un personaggio straordinario come Sócrates».

