Pubblicato il 8 novembre 2015 | da Linda Mastrandrea
Ripensare la redistribuzione della ricchezza in Italia: reddito minimo e reddito di base per un nuovo welfare state
European Alternatives organizza un insolito spazio di discussione tra esponenti di partito e di realtà sociali sul tema "Reddito e disuguaglianze"
Ancora il reddito minimo nel dibattito nazionale. A farne parlare, stavolta, il movimento European Alternatives nel TalkReal “Reddito e disuguaglianze”. Il canale Youtube del movimento si occupa infatti di creare una piattaforma di discussione delle più urgenti sfide politiche, e all’interno del talk pubblicato il 18 ottobre scorso Lorenzo Marsili, presentatore per European Alternatives, ha fatto sedere intorno a un tavolo un insieme affatto scontato di esponenti della società civile. Lo spazio di confronto è stato animato da Maurizio Landini (FIOM), Elena Monticelli (ACT!), Giuseppe Allegri (Quinto Stato), Daniele Peso (M5s) provenienti da sfondi culturali e sociali, nonchè politici, non necessariamente allineati tra loro ma che risultano concordi nella discussione non soltanto dello stesso problema, quanto soprattutto intorno al medesimo strumento.
L’evidenza da cui parte la discussione è la crescita della disparità della distribuzione del reddito in Italia, a fronte della quale occorre individuare modalità redistributive in grado di supportare maggioremente la frangia di popolazione, sempre più ampia, soggetta a vulnerabilità. I poveri sono sempre di più e sempre più poveri, ma anche le risorse che lo Stato può (o vuole) investire in misure di contenimento della povertà diminuiscono a vista d’occhio. Su questo fronte può intervenire la politica del reddito minimo, ovvero la somma aggiuntiva erogata dallo Stato che serve a portare quanti percepiscono un reddito inferiore alla soglia di povertà a un livello pari alla soglia stessa, dunque un supporto per il conseguimento di standard davvero minimi. Contestualmente si articola invece lo strumento del reddito di cittadinanza o reddito di base, la cui differenza sostanziale dal reddito minimo è il fatto che viene erogato a tutti secondo un principio di non discriminazione e, quindi, di universalità. In tale modo si possono ridisegnare i confini dell’autonomia sociale dell’individuo non limitandosi alla cura dell’indigenza materiale, e proprio per questo la proposta del reddito di base è diventata oggetto esplicito di rivendicazioni sindacali, in particolare per mano del Sindacato dei metalmeccanici e del Sindacato CGIL Scuola ma anche di movimenti sociali, come quelli studenteschi. Questa è infatti la forma di redistribuzione reddituale più idonea anche a garantire il diritto allo studio e il diritto a non doversi piegare a ricatti lavorativi.
Tuttavia il reddito da solo non può bastare per essere motore di una ripresa economica e sociale delle fasce meno protette della popolazione: se il reddito minimo può alleviare una parte di povertà per ciascuna famiglia, è necessario affiancare a questa misura anche un salario minimo legale e un sussidio integrale di disoccupazione, perchè la compensazione operata a una parte non venga vanificata dalla mancanza di strumenti che ricreano indigenza su altri fronti. Guardando al caso italiano, con il suo panorama di strumenti estremamente frammentati e di impatto irrisorio, la strada da percorrere più che lunga è ancora da iniziare, e non può attraversare soltanto la singola rivendicazione politica di un partito: deve invece riqualificarsi come istanza dell’intera popolazione che esiga l’attivazione di una modalità di redistribuzione della ricchezza dall’alto verso il basso, passando poi ad avvalersi della politica come veicolo per la sua realizzazione.